lunedì 21 dicembre 2009

Falso Federalismo e Federalismo democratico



Non bisogna stancarsi di insistere sulle contraddizioni e le contraffazioni di questa destra ambigua e ingannatrice, che si appropria di parole come ' libertà', 'democrazia', 'sovranità popolare', 'federalismo', per piegarne il loro senso autentico di emancipazione e di progresso, distorcendolo in quello di un mero strumento per l affermazione e l’ accaparramento del potere da parte di oligarchie vecchie e nuove; di consorterie più o meno affaristiche, che non hanno scrupolo ad inquinare i livelli di civiltà che il nostro paese ha faticosamente raggiunto, accingendosi a cancellare uno dopo l’altro, per i loro interessi particolari, i traguardi raggiunti dal popolo italiano nel riconoscimento e nella tutela dei diritti del cittadino e dell'uomo in quanto tale.

La situazione esplosiva delle carceri, conseguenza di una politica repressiva, la discriminazione e la persecuzione degli immigrati, l'intolleranza religiosa di carattere strumentale (che assume talora toni e forme di rozza ignoranza ed è espressione di una mentalità ancora medioevale), il ritorno - in nome di una meritocrazia proclamata e non praticata - al principio della gerarchia e della selezione sociale (che ispira le cosiddette 'riforme' dell'amministrazione e della scuola e le politiche del lavoro, per quanto ancora inattuate, visto che ci pensa la crisi a inaugurarle), costituiscono sufficiente prova del tipo di società e del tipo di 'modernizzazione' che la destra ha in mente. E che presto si materializzeranno, se non riusciremo a risvegliare la coscienza dei pericoli che stiamo correndo e se non sapremo aiutare i ceti operai, delusi dalle gravi inerzie e responsabilità della sinistra, e i ceti medi, per loro natura, permanentemente incerti, fragili e oscillanti, a sottrarsi alle suggestioni e alle seduzioni di false promesse e di progetti in cui essi, certamente, non avranno parte alcuna.

Il Federalismo viene tuttora inteso dalla Lega nei termini della secessione di fatto dal resto d'Italia della 'Padania' o della Lombardia, per separare i destini della zona o della regione più ricca e sviluppata del paese dalle parti di esso che, pur avendo in passato dato un contributo essenziale a questo sviluppo in termini di risorse finanziarie ed umane, sono rimaste indietro. Col proposito di svincolare il Nord d’Italia dai pesi, dai lacci e dai lacciuoli che lo Stato unitario comporta, la Lega difende l'esigenza delle oligarchie finanziarie, industriali ed agrarie del Nord che vogliono avere mano libera nella competizione economica europea e mondiale, mentre, in cambio del favore reso ai ceti sociali dominanti, la Lega riserva a sé il controllo politico del futuro Stato regionale, cui aspira in forza di un'ideologia etnico- territoriale, su cui fonda la propria potenziale leadership di tipo esclusivo.

Questo Federalismo oligarchico e accentratore, condiviso da Berlusconi per le medesime finalità di predominio – e per questo strettamente associato al Presidenzialismo – è la deformazione e la caricatura di quello che il Partito d’Azione, fin dalle sue origini (1942) individuò come obiettivo rivoluzionario, per trasformare in senso democratico la struttura monarchica e centralistica del Regno d’Italia: un modello di Stato che, delineato da un despota, come fu Napoleone, aveva favorito l’insediamento del fascismo, tanto che bastò un episodio dimostrativo come la ‘marcia su Roma’ e l’ascesa di Mussolini al governo, perché tutto il paese, che non era fascista, se non in minima parte, lo diventasse in breve tempo, una volta ridotta all’impotenza l’opposizione e neutralizzati gli organi democratici.

La Storia, purtroppo si ripete, quando le forze integre e lungimiranti vengono tacitate e additate come velleitarie – come fa ancora oggi D’Alema – e si preferiscono le scorciatoie dei vari ‘compromessi’ su questioni che attengono alle coordinate stesse della convivenza civile.

Il
Partito d’Azionepropose allora – e torna a riproporre oggi – tre innovazioni capitali per la democrazia in Italia

1) l’ eliminazione, o almeno un efficace contrasto -sul piano politico, sul piano economico, sul piano sociale- di tutte quelle forze che si avvalgono dell’apparato del potere per finalità reazionarie o per privati interessi

2) la riforma della struttura costituzionale in senso autenticamente democratico, che favorisca l’accesso di forze nuove e giovanili e il ricambio delle élites con una circolazione dal basso verso l’alto e non viceversa

3) l’articolazione dello Stato in un organismo decentrato e, quindi, il federalismo, ma imperniato su un ‘solido ente territoriale dalla consistenza omogenea e dal respiro sufficientemente vasto’ – la Regione – come organo di autogoverno democratico, avente nei Comuni, resi effettivamente autonomi, le proprie cellule vitali.

Il Federalismo può essere inteso come pura e
semplice razionalizzazione dello Stato accentratore, come strumento di un più facile controllo della periferia da parte di governi dispotici, secondo il principio del ‘divide et impera’. O, in senso opposto, costituire un sistema di vita politica e civile realmente democratica, autonoma, creativa, che serva a valorizzare tradizioni e risorse locali, energie nuove, talenti spontanei in un clima di libertà e di impegno per lo sviluppo della comunità e dell’intera nazione.

La differenza tra la
concezione scissionistica o, per altro verso, autoritaria del federalismo e il federalismo democratico si riconduce a quella tra la visione paternalistica del popolo come unità culturalmente indifferenziata e bisognosa di una guida che provveda al suo ‘bene’ e la visione pluralistica di una società di cittadini liberi nei loro personali progetti di vita, purché concorrenti al miglioramento collettivo.

Il Federalismo è veramente innovativo e progressista solo se si ristabilisce nella forma più autentica ed estensiva il
metodo democratico per la formazione della volontà collettiva, nelle decisioni di interesse pubblico, nella scelta delle élites e nel controllo e nella valutazione del loro operato. Non solo nell’ambito propriamente politico, ma anche nelle diverse istituzioni, che devono tornare ad essere autonome e completamente sciolte dalle influenze esterne della politica; nell’ambito della burocrazia, dove gli incarichi devono essere soggetti al principio elettivo; nell’ambito economico, in cui le scelte di rilievo pubblico e sociale non possono essere più lasciate alle scelte del management, senza informazione, controllo e potere decisionale dei lavoratori e della comunità.

Democratizzazione della politica, delle istituzioni, della burocrazia, dell'impresa finanziaria ed economica è stata, ed è ancora di più oggi, la nostra proposta per il cambiamento e per una società migliore, di giovani e non di vecchi avvinghiati al potere, come l'avaro alla sua cassaforte.

L’attuale mortificazione delle autonomie comunali è, invece, purtroppo, indicativa del tipo di Federalismo verso cui stiamo scivolando se non ci libereremo presto del governo della destra.

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VEE

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