sabato 24 ottobre 2009

ITALIA LIBERA NUOVA

Cari amici azionisti, simpatizzanti, credenti negli ideali della Giustizia e della Libertà,
è nostra intenzione dar vita, appena ciò sarà possibile, ad una versione attuale di quello che fu l'organo di diffusione delle idee del glorioso Partito d'azione, sotto forma di una rivista mensile online, che avrà il titolo di "Italia libera Nuova".
Lo scopo è quello di far rivivere la memoria pubblica di una stagione felice e ricca della cultura laica e democratica, che riuscì ad incidere e a lasciare una traccia indelebile sulle nostre istituzioni e sulla nostra vita associata, delineando le coordinate e indicando i punti cardinali della democrazia italiana.
Al tempo stesso ci proponiamo di promuovere una riflessione sul pensiero e l'opera dei grandi azionisti, di trarre ispirazione dal loro esempio per elaborare indirizzi e proposte concrete atti a fronteggiare l'attuale crisi mondiale, rilanciare una efficace politica europeista, contrastare le numerose e diversificate patologie che hanno aggredito il nostro paese, fino a configurare il pericolo di una involuzione autoritaria e di una deriva dissolutrice.
Vi chiediamo perciò di collaborare, ciascuno secondo le proprie competenze e i propri interessi, cominciando ad utilizzare questo blog, come canovaccio e come prova di quella che sarà prossimamente la nostra rivista.
A me è stato, al momento, assegnato il compito di coordinare gli interventi e i contributi. Vi invito perciò sin d'ora a partecipare, inviando i primi testi al mio personale indirizzo e-mail (esposito.vittorio@virgilio.it).
A titolo soltanto indicativo, vi suggerisco i seguenti temi:
-anniversario di Leo Valiani
-anniversario di Norberto Bobbio
-anniversario di Riccardo Lombardi
-perché è rinato il Partito d'Azione
-i diritti civili oggi in Italia
-il reddito di cittadinanza
-occupazione stabile, occupazione precaria, disoccupazione
-prospettive del lavoro di impegno civile, assistenziale, ricreativo, di mobilitazione civica
-economia ed ambiente
-la cosiddetta 'questione settentrionale'
-strategie di sviluppo economico e civile per il Mezzogiorno
ecc. ecc.
Sono convinto che abbiate già molti contributi da pubblicare e molti altri argomenti da sviluppare
Un fraterno saluto
Vittorio Emanuele Esposito

venerdì 23 ottobre 2009

Azionismo: una testimonianza di Giovannino Russo


1.L’annunzio che Vittorio Emanuele III aveva accettato le dimissioni a primo ministro del cavaliere Benito Mussolini, trasmesso per radio, lo ascoltai a Potenza il 25 luglio 1943 insieme a un gruppo di amici coetanei dai 17 ai 19 anni che, avendo letto la “Storia del liberalismo” di De Ruggiero, la “Storia d’Italia” di Croce e “L’apologia dell’ateismo “ di Giuseppe Renzi, vagheggiavano di fondare un movimento politico e culturale che riflettesse il loro vago antifascismo. Non so come, Michele Cifarelli che era uno dei più noti esponenti del Partito d’Azione a Bari, ci scovò. Venne a Potenza e ci convinse a fondare il Partito d’Azione di cui conservo ancora la tessera n.6 e ricordo quasi tutti coloro che c’erano. Ci impegnammo con grande fervore nell’organizzazione del nuovo Partito e nella propaganda della Repubblica in vista del referendum che si tenne nel 1946 insieme alle elezioni per la Costituente. Per noi giovani fu un periodo eccezionale. Riuscimmo a mobilitare una parte della borghesia tra cui influenti avvocati e anche molti contadini e artigiani che vivevano nei quartieri popolari della città. Ricordo ancora la vigilia delle votazioni per il referendum quando attraversammo il corso di Potenza, via Pretoria, con in testa alcuni degli avvocati più influenti di tendenza laica e dietro molta gente del popolo. A piazza Sedile ci fu un discorso di Manlio Rossi Doria, che trascinò all’entusiasmo. 2. Vorrei ricordare le ragioni ideali che portarono me e i miei amici chiusi nel mondo della provincia lucana, ad aderire al Partito d’Azione in quel lontano luglio del 1943. Erano le riflessioni di Calamandrei, espresse nel settimanale “Il Ponte”, la rivista che ha rappresentato insieme al Mondo, una voce così significativa nella cultura e nella politica italiana, insieme con il pensiero di Leo Valiani che s’ispirava a Benedetto Croce e che sottolineava come da lui e da Adolfo Omodeo si apprende l’importanza dell’impegno morale della libertà come una conquista della vita pratica. In questa atmosfera morale ci sono le radici dell’azionismo che risalgono a Piero Gobetti e che si riflettono in personaggi come Umberto Morra, Carlo Levi e anche Giovanni Spadolini che condividevano l’affermazione gobettiana dell’intransigenza. A questo proposito non posso non ricordare altre due personalità, Aldo Garosci, l’intimo collaboratore di Carlo Rosselli, e Paolo Vittorelli, rispettivamente direttore e vicedirettore del primo giornale in cui ho cominciato a scrivere l’”Italia socialista”. Li cito perchè sono l’esempio di come gli intellettuali del Partito d’Azione, checché ne dicano oggi i cosiddetti revisionisti, non erano mai stati legati da nessuna dipendenza ideologica e politica diversa dagli ideali ispiratori di Giustizia e Libertà. Altri maestri e esempi di etica politica sono Aldo Capitini e Guido Calogero , che appartengono a quel filone culturale e politico, anch’esso confluito nel Partito d’Azione.Capitini è stato un apostolo laico che ha ispirato la politica della non violenza, e Calogero, come si sa, è uno dei maggiori pensatori e filosofi del ‘900; è lui che ha teorizzato il rapporto tra libertà e giustizia e che è protagonista della famosa polemica con Benedetto Croce che appose al liberalsocialismo la definizione di ircocervo. Il liberalsocialismo di Calogero era ricco di motivi politici e di spunti suggestivi per noi giovani che uscivano dagli schemi tradizionali anche se contraddicevano lo storicismo di Croce. E come non ricordare l’insegnamento di Ugo La Malfa, il più fedele alle idee di Croce e dei grandi meridionalisti come Giustino Fortunato e Guido Dorso e quello, ovviamente, di Carlo Rosselli e di Ferruccio Parri. Tutti questi uomini hanno incarnato i valori etici e ideali, ancor oggi validi dell’azionismo.Quindi la riunione di oggi non è una patetica rievocazione di reduci animata da rimpianto ma il segno che gli ideali e i fini dell’azionismo sono ancora attuali perché, al contrario di quanto Sergio Romano ha affermato nella sua rubrica del Corriere della Sera del 2 marzo 2005, il partito d’Azione non si proponeva affatto di rifare l’uomo italiano: questa missione era invece quella rappresentata dal comunismo e dal fascismo.3.Noi giovani che allora aderimmo al Partito d’Azione lo facemmo proprio perché eravamo contro il tentativo comunista e fascista di creare nella politica ma anche nella vita letteraria e nell’arte lo stile fascista o comunista e cioè, come proclamavano, “l’uomo nuovo” forgiato secondo le regole di queste ideologie. L’azionismo invece mirava alla trasformazione della società perché vi regnassero Giustizia e Libertà.La crisi della ideologia marxista e l’esperienza fallimentare del comunismo ispirato alla dittatura di classe hanno fatto riemergere il valore di Giustizia e Libertà e delle sue interpretazioni non solo politiche ma anche culturali, sicché l’ircocervo di cui Croce allora condannava la intima contraddizione, oggi non è più tale.
Come affermava Gennaro Sasso in occasione della presentazione di un mio libro su Carlo Levi, “oggi è di moda dire peste e corna degli azionisti, accusarli di tutti i mali della Repubblica come se non ci fossero altri esempi molto più autorevoli a rappresentare questi mali”.Come ha scritto Paolo Bagnoli nel suo libro “L’Italia eretica”l’idea del Partito d’Azione è l’idea di un’Italia di minoranza ma che rappresenta le radici morali di un Paese che non è condannato al disprezzo dell’etica, al servilismo, al conformismo.I fascisti e i comunisti volevano asservire l’uomo alle loro ideologie, mentre gli azionisti, anche quelli che poi aderirono al PCI, volevano soltanto un’Italia nuova coerentemente agli ideali per cui, durante la Resistenza si batterono nelle formazioni di Giustizia e Libertà che non combattevano in nome della Rivoluzione marxista ma per la democrazia italiana. Purtroppo il loro progetto idealistico non ebbe fortuna e l’azionismo crollò come forza politica ma è rimasto come forza morale sicché oggi può pretendere di riproporre i suoi ideali in un Paese dove prevale proprio la mancanza di ideali.

GIOVANNI RUSSO

giovedì 22 ottobre 2009

Leo Valiani: Che cos'è la 'rivoluzione democratica'



Leo Valiani a Franco Venturi, 14 giugno 1944

(Dal carteggio Valiani-Venturi, La Nuova Italia, Firenze 1999, pp. 9-11)

Che cosa è la rivoluzione democratica? E' questo: le finalità del movimento non hanno da esser imposte dai partiti politici, ma scelte dalle masse stesse e tale scelta ha luogo non per voti di mozioni ideologiche (di cui le masse se ne fregano) ma per le forme di organizzazione che le masse in rivoluzione, in moto, sidanno [...]
L'operaio responsabile non mira realmente alla espropriazione dell'azienda a favore del
proletariato, perché sa che non è possibile suddividere e spartire i beni dell'azienda fra i proletari [...] Quello che l'operaio responsabile vuole è che il profitto (frutto del suo lavoro, del suo sopralavoro direbbe Marx) non rimanga nelle mani del capitalista, ma sia a disposizione e sia ripartito o investito nell'interesse dei lavoratori.
Che ciò si realizzi attraverso nazionalizzazione, fiscalismo accentuato, interventi comunali, sindacati che impongono alti salari, consigli di fabbrica è teoricamente indifferente per l'operaio. (Prova ne è che in America, ove con gli alti salari gli operai ritengono ricevere parte sufficiente del profitto globale, esistono potentissimi sindacati operai ma non esiste aspirazione al socialismo).
Se c'è una ragione per cui l'operaio europeo preferirà - come credo - i consigli di fabbrica, è che le altre strade sono già state battute senza grandi successi [...]
Dunque il socialismo nostro è: controllo operaio sulla produzione e sulla distribuzione delle ricchezze, attuato dai consigli di fabbrica.
Questa è una formula chiara, semplice, comprensibile. Ha il vantaggio di essere di immediata possibile applicazione, di poter realizzare il fronte unico dei lavoratori di qualsiasi tendenza ideologica e di qualsiasi categoria (operai, impiegati, ingegneri).
Non presuppone neppure la conquista del potere politico, ma viceversa diventa esso leva per la conquista del potere politico, cioè per l'attuazione della rivoluzione democratica in campo politico. Infatti, il Congresso dei consigli di fabbrica (cittadino, regionale, nazionale) crea immediatamente l'esistenza di un potere popolare rivoluzionario, che si erge contro l'altro, il vecchio burocratico ...

mercoledì 21 ottobre 2009

IL PROGRAMMA DEL NUOVO PARTITO D'AZIONE





Venticinque proposte per il risanamento dell’Italia


Il programma politico del NUOVO PARTITO d’AZIONE si basa su un’idea trasversale, ma quanto mai semplice; il risanamento generale della società, della economia, della vita associata, della cultura, dell’ambiente e della politica.



RISANAMENTO DELLA POLITICA

1) Prelievo del 70% dalle indennità per i parlamentari nazionali e del 50% da tutte le indennità a tutti i livelli inferiori (Assessori e Consiglieri Regionali, Provinciali, Comunali, Amministratori di Enti partecipati dagli Enti Locali e di Enti Pubblici statali, ecc.).
Tali prelievi saranno destinati al costituendo ‘Fondo Speciale per la riduzione del debito pubblico’.
2) Abolizione dei titoli di “Onorevole” e “Senatore” e sostituzione con il titolo di “Signor Deputato al Parlamento Nazionale”, abolizione del quorum per i referendum, abolizione dell’obbligo della raccolta di firme per la presentazione di liste elettorali a qualsiasi livello.
3) Ritorno al sistema elettorale proporzionale puro, senza quote di sbarramento, senza premi di maggioranza e con la possibilità di tener in conto la volontà politica anche degli astensionisti tagliando dei seggi in proporzione della percentuale di astensionisti.


RISANAMENTO FINANZIARIO ED ECONOMICO

4) Introduzione di una tassa annuale progressiva e combinata, la TPPC, sui patrimoni mobiliari e sulle transazioni immobiliari a partire da patrimoni familiari mobiliari superiori a 200.000 euro il cui ricavato vada interamente in un costituendo ‘Fondo speciale per la riduzione del debito pubblico’ (la tassa patrimoniale resterà in vigore almeno fino a quando il debito pubblico non sarà stato ridotto ad una percentuale oscillante tra il 40% ed il 60% (limite dei trattati di Maastricht) del PIL (attualmente il rapporto debito/Pil è al 106% e sta risalendo pericolosamente mentre il debito ha toccato il record negativo assoluto proprio nelle ultime settimane).
5) Introduzione di un reddito di cittadinanza individuale esteso a tutti i veri disoccupati o agli incapienti totali (cumulabile con altri redditi fino ad una certa soglia).
6) Introduzione di un’imposta negativa sul reddito cumulativo del nucleo familiare (non cumulabile con il reddito di cittadinanza) a favore delle famiglie con redditi insufficienti al minimo statistico vitale.
7) Adozione di una serie di politiche organiche convergenti sullo stesso obiettivo di determinare una diffusa e duratura tendenza alla riduzione dei prezzi al consumo e delle tariffe, soprattutto di un largo paniere di generi di uso comune, e inversione della tendenza speculativa, da ottenere se necessario anche con mezzi coercitivi, che, prendendo a pretesto l’introduzione dell’euro, ha operato una vera e propria rapina legalizzata ai danni dei consumatori italiani.
8) Destinazione dell’8 per mille al costituendo ‘Fondo speciale per la riduzione del debito pubblico’, per l’80%, e per il rimanente 20% alla ricerca scientifica pura ed applicata per il solo settore biotech.


RISANAMENTO DELLA CULTURA

9) Riforma della docenza universitaria e del sistema della Ricerca con l’obiettivo prioritario di favorire effettivamente i più capaci e eliminare una volta per tutte le cooptazioni nepotistiche o gli accordi consociativi sui concorsi che rendono questi ultimi una finzione, nonché di favorire la qualità e la libertà della ricerca all’interno di una Legge quadro per la ricerca scientifica e l’università che preveda, tra l’altro, massicci incentivi in favore degli scienziati italiani che lavorano all’estero e che vogliano rientrare a lavorare in Italia. Tra le altre misure di questa Legge Quadro ve ne sarà una in particolare che prevederà un meccanismo automatico per cui al di sotto della soglia del rapporto debito/PIL dell’80%, per ogni abbassamento di un punto nello stesso rapporto, una percentuale supplementare dello 0,1% del PIL viene destinata al finanziamento della ricerca scientifica pura ed applicata.
10) Riduzione di tutte le sacche di spreco nel bilancio statale ed in quello degli enti locali e di sottogoverno. Il risparmio ottenuto va nel ‘Fondo per il reddito di cittadinanza’.

RISANAMENTO DELL’AMBIENTE

11) Lotta dura all’elettrosmog e cancellazione del decreto Gasparri. Riduzione a 0,3 elettronvolt come nuovo limite massimo di emissione per ogni centralina dei gestori telefonici già impiantata o da impiantare, delocalizzazione obbligatoria a cura dei comuni delle antenne fuori dai centri abitati ed introduzione di reati che prevedano pene severe per chi produce immissione nell’ambiente di onde elettromagnetiche oltre i nuovi limiti di 0,3 elettronvolt/metro.

RISANAMENTO DELLA VITA ASSOCIATA

12) Raddoppio delle pene per i reati di truffa, appropriazione indebita e per altri reati contro il patrimonio con conseguente cancellazione di tutte le leggi del governo Berlusconi che hanno favorito il falso in bilancio ed altri reati economici. Legge sul risparmio a favore dei piccoli risparmiatori. Introduzione, in casi limitati, della class action.
13) Nuova legge sui concorsi pubblici che metta effettivamente tutti i cittadini partecipanti sullo stesso piano di diritti e di opportunità, secondo l’esclusivo criterio del merito, e che punisca severamente i tentativi di pilotare e di truccare gli stessi concorsi. Estensione della trasparenza (fine dei favoritismi, delle raccomandazioni, dei trucchi, delle cooptazioni nepotistiche, familistiche e di analoga natura) con innovative e severe norme legislative.
14) Cancellazione di tutte le leggi del Governo Berlusconi che hanno favorito oggettivamente la propensione a commettere reati contro la P.A. o che coartino il retto funzionamento della giustizia con conseguente adozione di nuove leggi che prevedano inasprimenti delle pene per reati contro il patrimonio e contro la Pubblica Amministrazione.
15) Inasprimento delle pene e delle leggi contro ogni altra forma di criminalità comune.
16) Revisione del Codice Penale, del Codice di Procedura penale e di tutte quelle leggi che obbligano i magistrati o meglio che consentono loro in base a discutibili ed arbitrarie interpretazioni delle norme il rilascio in libertà dopo periodi ridicoli di detenzione degli autori di gravi crimini.
17) Inasprimento delle leggi contro il terrorismo internazionale ed interno (islamista e non), anche con provvedimenti speciali, se necessario tra cui l’adozione di una legge che faciliti l’effettivo allontanamento dal nostro Paese di cittadini stranieri senza permesso di soggiorno, che commettano reati comuni punibili con un periodo di detenzione superiore ad un anno.
18) Adozione di una legge contro il conflitto di interessi, che preveda l’esclusione dalla vita pubblica per i cittadini concessionari di un bene pubblico che risultino ancora, formalmente o sostanzialmente, detentori della concessione al momento dell’accettazione di una candidatura a cariche elettive e conseguente adozione di una norma di legge per cui nessun cittadino italiano o straniero può essere, formalmente o sostanzialmente, attraverso familiari o prestanomi, proprietario di più di una licenza di trasmissione televisiva a livello nazionale.
19) Valorizzazione del Terzo Settore, dell’economia del ‘privato sociale’, di nuove forme solidaristiche e di mutuo sostegno fra i cittadini, adozione di nuove leggi per un Welfare State deburocratizzato, efficiente, più avanzato, e, nello stesso tempo, meno costoso.
20) Abolizione del segreto di Stato per i reati di strage e di terrorismo.
21) Abolizione dell'Ente Provincia.
22) Abolizione della prescrizione per un maggior numero di reati.
23) Riforma in senso ultragarantista a favore dei giornalisti della legge per il reato di diffamazione a mezzo stampa, oggi inteso come mezzo di intimidazione contro la libertà di stampa.24) Elezione diretta da parte dei cittadini di alcuni o di tutti gli amministratori degli enti a nomina regionale, a cominciare dalle ASL, abolizione degli enti inutili e forte riduzione del numero e degli amministratori degli enti subregionali.
25) Nuova legge sul sequestro dei beni mafiosi, al posto della ormai troppo vecchia e superata leggeRognoni-La Torre.

martedì 6 ottobre 2009

Intervento di Joyce Lussu a "Guerre agli infedeli" ( 23 Agosto '91).

Io non farei gran differenza tra Papa Wojtyla, Papa Roncalli o Pacelli, per me donna non è cambiato niente (1). L'atteggiamento della Chiesa, diciamo di tutte le Chiese, verso le donne non ha subito nessun mutamento, seppur mutando i linguaggi "diplomatici". A Papa Roncalli è stato chiesto una volta da un gruppo di donne che la Chiesa chiedesse perdono alle donne per la caccia alle streghe, un orrendo fenomeno durato tre secoli in tutto il mondo cristiano, sul quale i cristiani, che in quel momento si stavano scannando tra loro (nelle varie guerre di religione) si trovavano tutti d'accordo. Sul tavolo di tutti i giudici laici ed ecclesiastici del mondo cristiano si trovava il "Malleus Maleficarum", ossia quel libro ordinato da Bonifacio VIII che parla delle donne come quelle attraverso le quali il demonio si introduce nell'umanità.
Le donne dunque vanno gravemente punite perché ogni donna è passibile di introdurre il demonio. Questo ha dato luogo ad una serie di delitti contro l'umanità così gravi che veramente noi chiederemmo un po' d'analisi critica su ciò, ma le Chiese non fanno storia, perciò non esaminano i loro atteggiamenti verso, ad esempio, il colonialismo, la riduzione in schiavitù di così larghe fasce umane fatta nel segno della Santa Trinità, o quell'orrendo fenomeno che è la caccia alle streghe.Per noi donne non è cambiato niente attraverso le varie posizioni della religione, diciamo della religione in generale, perché avrete notato che i poteri decisionali di qualsiasi religione sono maschili.
Sono tutti uomini, sempre. Pare che per comunicare col Padreterno si debbano avere degli attributi anatomici maschili, diversamente questa cosa non si può fare.Ma perché l'atteggiamento delle religioni è sempre contro la donna, e non c'è differenza tra il Dalai Lama, il Papa, l'Imam islamico o un sacerdote induista? L'atteggiamento verso le donne è costante, è un atteggiamento di disprezzo, di assoggettazione, di non riconoscimento della loro dignità umana. Perciò il difetto sta a monte, qui c'è qualcosa che non va nelle origini, non soltanto nelle applicazioni.
Non è che le religioni fossero una cosa buona all'inizio, e che poi gli uomini cattivi e pieni di peccati le abbiano condotte e amministrate male. Il difetto invece sta nell'inventarsi un "Padreterno", un Padreterno che è sempre un Padre, e che immediatamente porta avanti un principio, quello dell'assoluta autorità paterna e dell'assoluta obbedienza filiale, contrabbandato da tutte le religioni come una "virtù".Ora, noi sappiamo che l'assoluta autorità e l'assoluta obbedienza, sono il principio di tutte le dittature, principi che non è possibile democratizzare. E' ben strana nelle società moderne questa confusione mentale, per cui si cerca di combinare nella propria mente l'inconciliabile, per cui la gente da una parte va a messa e dall'altra dice che è per la democrazia, per il sistema parlamentare, per la partecipazione del cittadino, per i diritti dell'uomo.
Mantenendo determinanti e potentissime all'interno della società due istituzioni che sono di per sé delle monarchie assolute, e non possono essere altro. La Chiesa e l'Esercito non possono diventare delle monarchie nemmeno costituzionali, e tantomeno avere un sistema parlamentare elettivo. Sopravvivono soltanto in quanto sono delle monarchie assolute, basate sul principio della assoluta autorità e della assoluta obbedienza. Naturalmente con la conseguenza della legittimazione del sacrificio umano.E' utile riguardo alle religioni fare un po' di storia, ossia andare alle origini storiche.
Le religioni sono dei fenomeni storici, e vanno storicamente esaminati ed anche superati. Un fenomeno storico, analizzato, si può superare ed anche delegittimare. Abbiamo, durante la storia, delegittimato il cannibalismo, l'incesto, la tortura giudiziaria, la schiavitù: il fatto che non siano più legali fa sì che ci siano dei forti movimenti che si scandalizzano quando queste cose avvengono. Pero' stranamente non abbiamo delegittimato il principio del sacrificio umano e dell'assoluta autorità paterna insito in tutte le religioni; di conseguenza non abbiamo delegittimato la guerra. La guerra è il risultato storico di questi simboli del linguaggio, di questi modelli, purtroppo ancora potenti nel mondo. La guerra contiene la tortura, il sacrificio umano, lo stupro legittimato e tante altre cose, ed è inutile delegittimarle da un lato quando poi legittimiamo l'intero fenomeno.
Il sacrificio di Isacco ci viene presentato come esemplare; sapete bene a cosa mi riferisco. Un sonetto del Belli su questo sacrificio è chiarificatore.La religione è qualcosa di diverso dalla cultura popolare dell'animismo, che inventava immagini poetiche, fantasie, personalizzazioni di fenomeni della natura, in un rapporto costante e dialettico con la natura che faceva sì che tutte queste immagini, fantasie, personalizzazioni, fossero varie, come è l'uomo stesso e la sua vita. E comunque ciò non costituiva Potere. Una sibilla o uno sciamano non avevano Potere. Il Potere è sempre legato alla istituzione militare, queste invece erano semplicemente persone che avevano più "conoscenza", ne sapevano di più sulla realtà delle cose, sulle fantasie o sulle invenzioni, per spiegare qualcosa che diversamente sembrava inspiegabile. Ma non era Potere.
La religione è un Potere. Ed è in fondo un fenomeno abbastanza recente, di qualche migliaio d'anni dopo la rivoluzione del Neolitico, ossia dopo la grande novità per l'umanità di poter selezionare le piante selvatiche per dar luogo a una agricoltura controllata, e di saper gestire l'allevamento degli animali e l'uso dei metalli. Tutti questi fenomeni danno luogo ad un possibile "nuovo", il nuovo che si crea è quello dell'accumulazione, della possibilità di qualcuno di impadronirsi di una parte maggiore di questi beni per farne uno strumento di potere.
Quando vado nelle scuole di tutti gli ordini chiedo sempre ai ragazzi: "vi hanno insegnato come si innesca una società schiavistica"? La società schiavistica è qualcosa di assolutamente innaturale: non esiste in natura. Le comunità umane, per vivere in maniera equilibrata, non avevano inventato queste forme di enorme squilibrio di potere e d'accumulazione che danno luogo alla società schiavistica. Ma queste oligarchie riescono ad affermarsi sulle maggioranze, creando il fenomeno estremamente squilibrato di un minor numero che s'impone ad un maggior numero, il che evidentemente non è nelle leggi di natura e crea degli squilibri.
Così sorge l'istituzione militare, che prende avvio con le società schiavistiche, per proteggere questo enorme squilibrio messo in pericolo dal fatto che i subordinati sono tanti, e quelli che comandano sono così pochi. Perciò si crea il professionismo del militare, della violenza organizzata, e questa è una grande svolta, abbastanza recente rispetto ai tempi storici. Ma il monopolio della violenza non basta per far sì che una maggioranza si adatti ai lavori forzati, a farsi estorcere tutti i prodotti, a vivere in condizioni certamente molto disagiate, e in più nella paura continua di un "castigo", cosa quanto mai espropriante. Lo spaventato è manipolabile, e spaventarlo con la possibilità di ricorrere alla violenza fisica, non è sufficiente per creare una espropriazione duratura.
Ci vuole anche il terrorismo psicologico. E allora assieme all'istituzione militare sorgono le religioni, ossia il concetto di un superpadrone, che è mandato dalla metafisica, cioè oltre la natura, al di là della nostra dimensione. Chiaramente, essendo al di là della nostra dimensione, ci puoi mettere quel che vuoi e inventarlo come ti pare: non ci sono controlli, verifiche, possibilità di riportarlo ad una dimensione umana. Il Mistero è l'assoluto Potere. Sorgono insieme questi due aspetti delle società oligarchiche e squilibrate che prendono la prima forma di società schiavistica. Da un lato il professionalismo e la continuità della violenza organizzata, dall'altra il terrorismo psicologico dato dall'invenzione di un Superpotere, di cui le oligarchie si autonominano rappresentanti, mettendo sulla loro testa, oltre al potere economico, militare, sociale, anche un superpotere misterioso, onnipotente, terrificante.
La religione ha sempre questa caratteristica di inventarsi un superpotere, al di là della nostra dimensione, assolutamente inventato e manipolabile, che penetra nelle coscienze di queste maggioranze continuamente spaventate, aggravando la loro espropriazione, la loro impossibilità di crescere, di conquistarsi una loro autonomia e dignità.Le religioni iniziano col divinizzare quello che è il supremo capo della società, poi dilagano nell'impensabile e nell'infinito creando al di sopra delle nostre teste, della nostra vita, della nostra comprensione possibile, dei superpoteri a cui non si può resistere.
Nel mondo antico, sussistono accanto alle divinizzazioni anche degli spazi per un residuo di culture popolari, animistiche. Poi, dal sesto secolo avanti Cristo suppergiù, sino a epoche veramente recenti, appaiono le grandi religioni. Noi, qui, da queste parti del mondo abbiamo a che fare con l'insorgere d'una religione monoteista, strettamente verticistica, con un potere assoluto che è raccolto in un solo simbolo, senza niente accanto, e che ha sull'umanità questo potere, terrificante perché è soprattutto un potere punitivo. Se tu mi preghi, va bene, ti lascio campare, se tu non mi preghi ti distruggo.Anche durante la guerra del Golfo, ciascuno pregava il suo particolare Dio, perché chiaramente tutti questi dei che ci sono nel mondo non si possono mai mettere d'accordo, fare un "sindacato" e dire "mo', vediamo un po'". Perché ciascuno deve dichiarare di se stesso che è unico, che è quello vero, e che gli altri sono finti e delinquenti.
Qui sta la legittimazione della distruzione di chi non riconosce il vero Dio, che va pregato.Durante la guerra del Golfo, vedevamo Bush che si precipitava nella chiesa episcopale, la Thatcher in quella anglicana, Saddam Hussein nella moschea, Shamir nella sinagoga: tutti pregavano il loro Dio di cosa? E cos'è questo Dio che si fa pregare? Se egli avesse il potere di far cessare un macello perché non lo fa subito senza farsi pregare? Cos'è questa preghiera? "Ah, se mi preghi abbastanza forse lo faccio, ma poi se non mi va non lo faccio". Mi ricordo le preghiere d'una signora, moglie d'un notabile cattolico democristiano, durante la guerra. Una brava donna, simpatica, che una mattina arriva da me tutta felice e dice "il Signore ha ascoltato le mie preghiere". Perché era stato bombardato un quartiere di Roma quella notte, e la bomba, invece di cadere sulla sua casa era caduta accanto. Poi ho saputo che era caduta su un asilo di bambini alle ore nove del mattino, ammazzando trenta bambini. Questa signora ringraziava il Signore perché aveva fatto la grazia a lei, e non l'aveva fatta cadere sulla sua casa. Questo è il pregare.
Pregare è chiedere una grazia per te o per il tuo clan o per i tuoi simili ma certamente non per tutti, perché evidentemente ciò non sarebbe possibile.Le religioni inoculano questi principi estremamente gravi per i processi d'incivilimento della specie umana e per il suo rapporto con la natura: il fatto che ci sia un potere assoluto, che non si discute, paterno e maschile (le donne non c'entrano), e che in nome di questo potere si abbia il diritto di sacrificare coloro i quali si oppongono. E' la legittimazione del sacrificio umano.
Leggendo il Vecchio Testamento si vede ciò. La strage dei Madianiti, Mosè che dice "andate a distruggere i Madianiti che non riconoscono il vero Dio e meritano di essere eliminati dalla faccia della terra". Quelli partono, vanno e ammazzano quasi tutti, poi tornano e dicono "abbiamo risparmiato qualche neonato e qualche vergine perché ci sembrava che in fondo le distruzioni fossero sufficienti", e Mosè dice "no, ritornate, ammazzate fino all'ultimo neonato, fino all'ultima vergine, perché la razza dei Madianiti deve essere eliminata dalla faccia della terra perché non riconosce il vero Dio".
Ero a Marsiglia nel '42, un anno molto buio, pareva proprio che il nazismo con tutti i suoi alleati potesse predominare il mondo; noi dimentichiamo spesso che il nazismo non era una malattia particolare del popolo tedesco, una patologia episodica e strana, ma una conseguenza logica dei principi e dei simboli della civiltà occidentale; infatti Hitler aveva moltissime complicità, pensate che tutti i governi cattolici negli anni '30 erano filonazisti, che il discorso più infiammato di esaltazione del nazismo ("finalmente abbiamo un baluardo che difende il mondo cristiano e occidentale dalla barbarie che viene dall'Est"), fu pronunziato da Pacelli, allora nunzio apostolico a Budapest, quando Hitler, nel Gennaio del '33, andò al potere. Non solo, i cattolici irlandesi, preparavano i punti di sbarco per i nazisti in Inghilterra; ora, la Thatcher non è un granché ma sempre un po' meglio di Hitler.Tutti i movimenti islamici erano filonazisti, in odio a Francia e Inghilterra che col loro colonialismo efferato avevano creato tali stragi e tali orrori nel Medio Oriente e in altre parti del mondo. La Turchia era filonazista come Stato, ma lo erano anche tutti i movimenti dalla Siria al Marocco, persino i palestinesi.
D'altra parte le grandi potenze colonialiste, tipo Francia e Inghilterra, che si battevano contro il nazismo, e come oggi parlavano di diritti dell'uomo, in realtà lo facevano per difendere degli imperi coloniali ancora vastissimi, e se la prendevano con Hitler soprattutto perché faceva nel cuore dell'Europa quello che loro avevano fatto da tre secoli negli altri continenti. Queste potenze colonialiste che si dichiaravano contro Hitler, in realtà partecipavano degli stessi simboli, degli stessi modelli, degli stessi principi.
A Marsiglia incontrai un vecchio ebreo, che veniva dalla Polonia (era molto provato), che mi diceva "i miei correligionari si dimenticano di rileggere -Mein Kampf-, perché vi troverebbero dentro tutto il Vecchio Testamento". Infatti, dal sacrificio d'Isacco, alla strage dei Madianiti, dalla razza eletta al Dio degli Eserciti, c'è praticamente tutto. Sembra che -Mein Kampf- (ora ci sono anche le prove di questo) dato che Hitler non era molto versato nelle lettere, sia stato scritto in collaborazione con un frate cappuccino bavarese. Allora, dobbiamo andare a fondo in queste cose, conquistare un minimo di coerenza; non possiamo fare abitare nella nostra mente dei principi inconciliabili.
Quando vado nelle scuole, spiego ai ragazzi che fare la cresima o la comunione non è una cosa innocente: è una complicità con le stragi degli Indios in Amazzonia. Non è difficile dimostrarlo.In questo mondo, ormai tutto "effervescente" grazie ai mass media, all'aumento enorme dell'informazione e della comunicazione che c'è,... nel mondo tutto in fermento su quelli che sono stati simboli e modelli indiscussi per tanto tempo, e che adesso vengono messi in discussione, bisogna cercare di conquistare un minimo di coerenza nel nostro modo di pensare e di agire.
Come donna devo dire che c'è un bel po' da fare, perché la complicità dei vari poteri e delle varie culture con un lungo assoggettamento che poi ha avuto nella caccia alle streghe il suo momento più efficiente, non è che sia del tutto cancellata o che sia diventata molto diversa. Basta accendere la televisione per vedere schieramenti di maschi, che decidono delle nostre sorti dal punto di vista militare, politico, economico. Se c'è una donna presente, è sempre stata prescelta dai maschi e non rappresenta certo le donne rimaste nelle case e per le strade, ma solamente l'accettazione d'un modello maschile dato che altro mezzo non c'è per arrivare al potere.Allora riflettiamo su quella che è stata l'azione di tutte le religioni in questi tre ultimi millenni, perché in realtà questi fenomeni si sono "sistemati", hanno avuto la loro organizzazione, la loro istituzionalizzazione proprio in questo brevissimo lasso di tempo.
Il che non vuol dire che non sussistevano altre culture, naturalmente asfittiche e represse: queste hanno assicurato all'umanità quel tanto di progresso che bene o male siamo riusciti a rimediare, e che certo non è dovuto alle oligarchie del potere politico, religioso ed economico, a quelle che sono la parte peggiore della società sia dal punto di vista morale dell'etica della specie, sia dal punto di vista mentale nella cecità di causare infinite distruzioni non necessarie rendendo addirittura difficile la sopravvivenza dell'essere umano su questo pianeta con distruzioni immani di tutti i tipi di vita e con un concetto della natura serva e dell'uomo padrone che ci porta oggi ai disastri a cui assistiamo. Con un sistema economico il quale ci insegna a preferire un mucchio di cartamoneta all'acqua potabile.
E purtroppo c'è un solo tipo di economia nel mondo, non ne abbiamo due: l'illusione di credere che i paesi dell'Est fossero un'alternativa o una contrapposizione a quelli dell'Ovest è stata la grande illusione di questo secolo. In realtà il fondo dei simboli e dei modelli cui si richiamavano erano dello stesso tipo, non erano alternativi. Io compiango particolarmente i ragazzi che vanno nelle scuole di economia e commercio o scelgono Economia all'università, perché ne escono veramente con delle idee molto pericolose, senza nessuna alternativa. A loro non si dice che c'è anche un altro tipo di cultura emergente, per ciò che riguarda l'economia, l'ecologia, la produzione e la distribuzione dei beni; se ne insegna una sola che bene o male finisce per influenzarli malamente: meglio un mucchio di carta moneta, dell'ossigeno o dell'acqua potabile, che non vengono considerati beni perché non sono commerciabili, non rientrano nelle formule matematiche dell'Economia, del tutto astratta, senza nessun rapporto con la vita della gente, con la vita dei corpi, del quotidiano.
Con la vita della gente e con tutte le vite con cui viviamo in simbiosi, perché noi non possiamo vivere senza gli alberi, senza l'erba: nessun marchingegno tecnologico può sostituire l'operazione che la clorofilla fa durante la notte. Non possiamo vivere senza acqua potabile: è già diminuita del trenta per cento su questo pianeta. Però di questo non si parla. Si parla soltanto del gioco del denaro, che è un'astrazione, perché questo mucchio di carta moneta da un momento all'altro può diventare carta straccia.
Le religioni dove sono state in tutto questo periodo? Sono servite a corroborare delle situazioni storiche, degli assetti, in cui un'oligarchia s'impone a una maggioranza. Sono state gravemente complici, e addirittura promotrici di tutti i maggiori delitti contro l'umanità.Dopo tutti questi disastri, fanno un po' d'assistenza; la popolazione indiana è passata da 400 milioni trent'anni fa a 87O milioni, grazie alle propagande delle religioni, sempre contrarie alla contraccezione e all'aborto; Teresa di Calcutta di certo non dice "bisogna cambiare, il regime, bisogna contestare i poteri", no, lei a disastro avvenuto fa un po' di assistenza conquistando un enorme potere che diversamente non avrebbe. Tutte le vicende di questi tre millenni sono sempre legate ad un apporto, una complicità, una giustificazione delle religioni. Non c'è caso di delitto contro l'umanità che non abbia visto questo, altroché carità cristiana.

giovedì 1 ottobre 2009

Ernesto Rossi: Gli Stati Uniti d' Europa, Lugano 1944 (Introduzione)

... La distruzione della nostra civiltà
Il problema dell’ordine internazionale, che dovrà instaurarsi al termine di questa guerra, è il problema più urgente, quello che deve avere una precedenza assoluta nella nostra considerazione, in quanto solo una sua razionale soluzione può dare un senso a tutte le soluzioni proposte per i particolari problemi politici, economici, spirituali che oggi si presentano nell’ambito dei singoli stati. Se non si arriva a un assetto internazionale che metta fine alle guerre a ripetizione, coinvolgenti tutti i paesi del mondo, non è possibile salvare la nostra civiltà: siamo alla soglia di un nuovo medioevo.
La guerra totale
La guerra non è più un urto tra eserciti. E’ un urto tra popoli che nella lotta impegnano tutti i loro beni, tutte le loro vite. E’ la guerra totale, in cui ciascuna delle parti cerca, con i più efficienti strumenti forniti dalla scienza moderna, di distruggere il potenziale bellico ed abbattere il morale del nemico, come mezzo indiretto per annientarne l’esercito. E’ un turbine che sradica intere popolazioni dalle terre sulle quali risiedevano da secoli, per sbatterle senza più case, senza mezzi per vivere, a migliaia di chilometri di distanza; che massacra indifferentemente uomini, donne, vecchi, bambini; che non rispetta né ospedali, né cattedrali, né asili d’infanzia; che riduce a macerie fumanti biblioteche, musei, opere d’arte, i più preziosi patrimoni ereditati da innumerevoli generazioni passate.
E quel che la guerra distrugge nel campo dello spirito è anche più grave di quel che distrugge nel campo della materia. Discorsi, giornali, cinema, radio, fanno appello alle forze irrazionali dell’animo umano, per creare uno stato di follia collettiva che unifichi tutto il popolo in una sola volontà diretta a un unico fine: la vittoria, a qualunque costo, sopportando qualsiasi sacrificio.
Non ci si deve neppure più domandare che cosa può significare la vittoria. Si vuole la vittoria per la vittoria; si vuole la distruzione del nemico; si vuole sopravvivere, anche se quel che di noi veramente sopravviverà non meriterebbe in alcun modo di essere difeso. Le falsificazioni, le menzogne sono sistematicamente adoperate come strumenti di guerra alla pari delle bombe e dei siluri. Chi ragiona, chi dubita, è un nemico della patria. Tutti i valori morali sono sconvolti: la violenza, il misconoscimento d’ogni regola di vita civile, l’odio che non ammette alcuna attenuante a favore dell’avversario, il conformismo e l’obbedienza cieca agli ordini che vengono dall’alto, sono lodati, premiati, divengono abiti spirituali in luogo del rispetto della vita umana, dell’ossequio alle leggi, della tolleranza, dello spirito critico e del senso di responsabilità individuale.
Conseguenze politiche della pace armata.
Ed anche quando la guerra non è in atto, la sua minaccia sovrasta come un incubo ed avvelena i pericoli di pace, determinandone le caratteristiche essenziali. Le passioni antisociali, scatenate dalla guerra non si acquietano all’interno dei diversi paesi quand’essa viene a cessare: non più contenute entro i tradizionali istituti giuridici, ormai barcollanti o crollati, in modo disordinato si precipitqano da tutte le parti, riconducendo la lotta politica alle sue primordiali forme di lotta armata tra opposte fazioni.
Le libertà vivono solo in quanto il potere è decentrato in modo da consentire un reale interessamento dei cittadini alla cosa pubblica, e la vita politica si articola in numerosi corpi intermediari tra l’individuo e lo stato, nati spontaneamente per l’associazione di tutti coloro che hanno gli stessi interessi e gli stessi ideali. Ma un tale decentramento ed una tale articolazione contrastano con gli obbiettivi che i governi devono proporsi durante i periodi di pace armata. I maggiori risultati nella preparazione della guerra si raggiungono indirizzando a tal fine tutte le forze economiche, demografiche e spirituali, secondo un piano d’insieme, studiato ed attuato da un governo centrale che abbia il massimo di potere, ed il massimo di continuità: cioè in uno stato dispotico e totalitario.
Quelli che sono i pregi della democrazia per l’organizzazione della vita pacifica ne diventano i maggiori difetti, quando ci si pone dal punto di vista dell’efficienza bellica. Nell’urto tra stati democratici e stati totalitari i primi – per la pubblicità della loro politica, per i frequenti mutamenti delle persone che tengono le leve di comando, per la lentezza con cui prendono le più importanti decisioni, per le opposizioni che devono superare agli aumenti di spese militari ed alla coscrizione obbligatoria – sono vasi di coccio sbattuti contro vasi di ferro. Anche i popoli che hanno una più lunga tradizione di autogoverno e sono più affezionati alle istituzioni liberali vengono inevitabilmente trascinati nel solco dei popoli che accettano un regime totalitario quando questo si dimostra militarmente più efficiente: se tardano a seguirne l’esempio, mettono in pericolo la loro stessa esistenza.
La soluzione del problema internazionale è dunque la premessa necessaria di qualsiasi riforma con cui si voglia dare una maggiore autonomia alla vita politica locale nell’interno dei singoli stati ed assicurare un migliore controllo dei cittadini sui governanti.
Conseguenze economiche della pace armata.
In secondo luogo la pace armata indirizza le disponibilità economiche verso obbiettivi di distruzione, invece che verso obbiettivi di benessere, riduce il rendimento del lavoro, e non consente di elevare il tenore di vita delle classi meno abbienti con una ridistribuzione in loro favore della ricchezza sociale. Una notevole parte della popolazione viene di continuo tenuta sotto le armi e vive parassitariamente proprio nell’età in cui potrebbe essere più produttiva. Ed un’altra parte viene impiegata a trasformare in caserme, in cannoni ed in altri strumenti di guerra le risorse materiali che potrebbero servire a edificare delle case, a coltivare del grano, ed in generale a soddisfare mille bisogni che ancora rimangono insoddisfatti. Con quel che è necessario alla costruzione di una sola grande corazzata moderna si potrebbe fornire gratuitamente l’alloggio ad una popolazione di una intera città di diverse decine di migliaia di abitanti.
Né queste, a tutti evidenti, sono le passività economiche maggiori. Ce ne sono molte altre che l’uomo della strada non vede, e pur rappresentano un gravissimo onere sull’economia nazionale. Le ferrovie, le autostrade, i porti, invece di essere costruiti per rispondere alle necessità dei traffici, vengono costruiti in funzione delle necessità militari. Si danno sussidi di centinaia di milioni ogni anno agli arsenali e alle compagnie di navigazione per avere la marina mercantile necessaria ai rifornimenti in caso di guerra. Invece di specializzarsi nei beni che potrebbe produrre a costo minore, conseguendo gli altri beni attraverso gli scambi, per godere gli enormi vantaggi della divisione del lavoro nel campo internazionale, ogni popolo vuole fare tutto da sé: sembra che più non apprezzi altri scambi al di fuori delle bombe che possono essere lanciate dagli aeroplani.
Con dazi doganali, contingentamenti, divieti di importazione, premi di produzione, ogni collettività nazionale cerca raggiungere la più completa autarchia, per poter vivere e difendersi anche se viene tagliata completamente fuori dalle comunicazioni con le altre collettività. E la politica monetaria, la politica bancaria, la politica commerciale, vengono tutte dirette a questo medesimo fine. Le spese militari sono alternative alle spese sociali. Quanto più aumentano quelle e tanto più devono necessariamente diminuire queste. I bilanci statali, anche se assorbono più di un quarto di reddito nazionale – impicciolito dagli sprechi e dalla riduzione di produttività causate dall’economia della pace armata – non hanno più margine per le assicurazioni sociali, per la costruzione di scuole e di case popolari, per la estensione dei servigi pubblici gratuiti a favore delle classi meno abbienti, quando la metà o i tre quarti delle entrate sono assorbite, - come ormai solitamente avviene – le spese militari e nel pagamento degli interessi dei debiti contratti a scopi militari.
Così la soluzione del problema internazionale si presenta quale antecedente necessario ad ogni seria riforma economica che si voglia attuare nell’ambito degli stati nazionali.
Conseguenze spirituali della pace armata.
Durante la pace armata tutti i valori spirituali sono distorti e falsati. La famiglia viene tenuta in grande considerazione solo perché è la macchina per fabbricare soldati. Con assegni e con imposte, con facilitazioni ed ostacoli nelle carriere, i giovani sono stimolati a sposarsi e a fare figlioli. Le donne feconde vengono pubblicamente premiate come alle mostre delle vaccine si premiano le migliori fattrici. I figli, poi, fin dalla più tenera età, sono il più possibile sottratti all’influenza dei genitori per meglio prepararli alle marcie, al maneggio delle armi, a “credere, obbedire, combattere”. La scuola educa i giovani a sacrificare tutto – anche la propria coscienza – alla vicinità dello stato, a pensare che il proprio paese ha avuto sempre ed avrà sempre ragione, a disprezzare quel che gli uomini fanno al di là dei confini, a considerare la guerra come una meravigliosa romantica avventura. Si trovan sacerdoti disposti a benedire gli strumenti di morte, a fare un altare sopra i cannoni, a interpretare le parole del Vangelo in modo che divengono incitamento all’odio ed alla strage. L’intellettuale è giudicato un animale inferiore in confronto al pugilista che sa incassare i pugni più violenti, od al podista che resiste alle marcie con un peso in ispalla, La cultura umanistica diventa un lusso superfluo; anzi è tenuto in sospetto, perché rende gli individui più consapevoli della loro distinta personalità, e quindi più restii a lasciarsi intruppare e dirigere da coloro che portano i gradi gerarchici, e ad ubbidire ciecamente agli ordini scritti su carta intestata, con le firme ed i timbri prescritti dalle superiori autorità. La cosiddetta “intellighenzia” risulta composta di propagandisti e di esperti, giacché non si domandano più opere di significato universale, né ricerche disinteressate dal vero, ma opere che esaltino i sentimenti nazionalistici e perfezionamenti tecnici che possano tradursi al più presto in armi efficienti.
Attraverso la pace armata la guerra così foggia anche gli animi in modo da renderli adatti ai propri bisogni. Nessuna riforma dell’educazione può essere seriamente iniziata per condurre gli uomini a dare alla personalità ed alla solidarietà umana un posto più alto nelle loro scale dei valori se non si riesce prima a stabilire un assetto internazionale che dia ai popoli una maggiore sicurezza di vita. La guerra totale in atto significa strage, pestilenza, distruzione della nostra civiltà. La preparazione alla guerra ormai significa tirannide, miseria, imbarbarimento. E’ per questo che la distinzione tra forze reazionarie e forze progressiste oggi non corre più lungo la linea che separa coloro che vogliono modificare in qualsiasi modo lo stato di cose esistente entro i confini dei singoli paesi, ma si pone fra coloro che ostacolano e coloro che favoriscono l’avvento di un nuovo ordine capace di ridurre i contrasti fra gli stati e di rendere più difficili, meno frequenti le guerre.
2. L'anarchia internazionale
La causa prima delle guerre è la mancanza di un ordine giuridico internazionale; cioè la mancanza di una legge che regoli i rapporti tra i diversi stati, di un giudice che, in base a questa legge, dia le sentenze in caso di contrasti, e di un gendarme che impedisca di farsi giustizia da sé, e sappia imporre il rispetto delle sentenze del giudice. Giudizi errati sulle cause della guerra Non ha alcun senso dire che le guerre sono una conseguenza del capitalismo, o della malvagia natura degli uomini, o dei sentimenti nazionalistici. Certo il produttore di armi e di altri gruppi capitalistici possono avere interesse a che scoppi la guerra. Ma questo non significa che la loro volontà sia una determinazione sufficiente per farla scoppiare.
All’interno di ciascuno stato i produttori di grano hanno interesse alla carestia, i costruttori di case hanno interesse a che divampino incendi che distruggano le città; ma non per questo si verifica la carestia o le nostre città sono distrutte dall’incendio. In ciascuno stato l’ordinamento giuridico provvede appunto gli argini che frenano e contengono le forze distruttrici pericolose per la vita collettiva. Le forze distrutte prevalgono nel campo internazionale solo perché in esso mancano analoghi argini giuridici. E’ pure probabile che, in certe occasioni, dei gruppi capitalistici, ottenendo l’appoggio dei loro governi per conseguire la esclusività di alcuni mercati, l’appalto di lavori pubblici, la emissione di prestiti, ed altri privilegi, nelle colonie e nei paesi politicamente tanto deboli da subire l’influenza di potenze straniere, possano, senza volere la guerra, spingere ad essa perché fan nascere attriti e alimentano pericolosi contrasti fra gli stati. Ma anche questo avviene solo perché manca un ordine giuridico internazionale.
Se il capitalista di Berlino può fare qualcosa per spingere la Germania alla guerra contro la Gran Bretagna, il capitalista di Filadelfia non può fare niente per spingere la Pensilvania alla guerra contro la Virginia, perché questi secondi stati, a differenza dei primi, non hanno dogane ed eserciti propri e sono entrambi sottoposti ad una autorità superiore – l’autorità federale – che ha una forza sufficiente per imporre il rispetto della legge in tutto il loro territorio.
Né il socialismo, per se stesso, sarebbe un rimedio adeguato alle guerre. Uno stato socialista potrebbe tendere – come gli stati capitalistici – a sfruttare uno stato più debole. Fra società socialiste, come fra società borghesi, potrebbero svilupparsi contrasti di razze, contrasti ideologici sul diverso modo di intendere e di praticare il socialismo, e contrasti economici, derivanti da differenza di ricchezza, dal possesso di passaggi obbligati delle correnti commerciali, o dalla esclusiva disponibilità di certe materie prime. I contrasti che già si verificavano nelle file proletarie, fra bianchi e negri, fra laburisti e marxisti, fra operai specializzati e non specializzati, sono, a questo proposito, molto istruttivi.
E’ pure certo che se tutti gli uomini fossero animati nei loro reciproci rapporti da sentimenti di fraternità evangelica non ci sarebbe bisogno di alcuna forma di coazione legale. L’ordinamento giuridico è una necessità, tanto nei rapporti fra gli individui, quando nei rapporti fra gli stati, appunto perché gli uomini sono quello che sono. D’altra parte i sentimenti nazionalistici anti-sociali non possono considerarsi caratteristiche psichiche innate. Sono frutto della politica: come la politica li fa nascere, così può farli sparire. La lingua, la razza, la religione, i costumi diversi, non impediscono la pacifica convivenza dei cantoni svizzeri, mentre la comunanza di lingua, di razza, di religione, di costumi, sembra rendano anche più acri i contrasti fra gli abitanti della Bolivia e quelli del Paraguay. Se i cantoni non si fossero uniti in una sola nazione continuerebbero ad odiarsi e a combattersi fra loro come hanno fatto per secoli. Se la Bolivia e il Paraguay, svincolati dalla madre patria, avessero conservata la vecchia unità, nessuno avrebbe mai sentito parlare di un patriottismo boliviano e di un patriottismo paraguayano, in fiero contrasto fra loro. Il diritto internazionale.
Oggi ogni stato afferma, nel modo più intransigente, la sua assoluta sovranità; non ammette alcun limite al suo volere; pretende di essere in ogni caso il solo giudice del suo diritto. E per difendere il suo diritto cerca di raggiungere una forza maggiore degli eventuali suoi nemici, armandosi ed alleandosi con altri stati. La sicurezza conseguita da uno stato corrisponde alla insicurezza, all’accettazione di una condizione d’inferiorità, da parte degli altri. Il cosiddetto “diritto internazionale” in realtà non è un diritto, perché afferma solo delle norme che le parti osservano finché desiderano rispettarle. In tutti gli accordi internazionali è infatti sottintesa la clausola rebus sic stantibus, per la quale i governi in pratica si ritengono vincolati solo nei limiti in cui l’adempimento degli obblighi, che dagli accordi discendono, non sia, a loro insindacabile giudizio, in contrasto con l’interesse del loro paese.
La più grandiosa e grottesca manifestazione della completa vacuità del diritto internazionale è stata, nel 1929, il patto Kellog, che poneva la guerra “fuori legge”. Quasi tutti i governi del mondo – compresi quelli della Germania, dell’Italia e del Giappone – si affrettarono a dare pubblica prova delle loro pacifiche intenzioni firmando la morte legale della guerra. Stupendi discorsi, scambio di telegrammi fra i capi degli stati, brindisi, felicitazioni, articoli ditirambici sui grandi giornali. Ma di buone intenzioni è lastricato l’inferno. Il patto Kellog, non prevedendo nessuna efficace sanzione, lasciò le cose come stavano prima. La guerra, tutta occupata a massacrare e a distruggere, neppure si accorse di essere stata messa “fuori legge” da tante brave persone ...