domenica 25 aprile 2010


Siamo qui - dopo sessantacinque anni dal quel 25 aprile, che è stato scelto come data conclusiva della guerra partigiana e come l’inizio di una nuova storia di libertà e di giustizia per il nostro Paese - per ricordare, sotto quella che fu la sede del glorioso Partito d’Azione, una vicenda che oggi accomuna tutti gli italiani, anche se non mancano, purtroppo, riconoscimenti forzati, adesioni strumentali e insincere e miserevoli tentativi di svalutare un patrimonio di valori ideali, di virtù civili, di amore per la patria italiana, che i giovani di allora hanno consegnato ai giovani di oggi perché se ne dimostrino degni.

In quel giorno memorabile, il Capo del Fascismo si incontrò qui a Milano, al cospetto dell’Arcivescovo di allora, con i rappresentanti del Comitato di Liberazione Nazionale. Mussolini tentò di giustificarsi fino all’ultimo, adducendo, pietosamente, di essere stato tradito dai suoi alleati tedeschi(!), ma ricevette come risposta la richiesta esplicita di resa e un ultimatum, cui egli non diede seguito, preferendo iniziare quella fuga affannosa, che si concluse a Dongo, dove fu riconosciuto, sotto l’uniforme tedesca, ed arrestato.

Nella serata del 25 aprile il CLN proclamò l’ insurrezione popolare, di cui ‘L’Italia Libera ’, il giornale del Partito d’Azione, il primo giornale di Milano Liberata, diede immediato annuncio. Le formazioni partigiane - le ‘Brigate Garibaldi’, le ‘Brigate Matteotti’, le ‘Brigate Giustizia e Libertà’ – scesero dai monti, si concentrarono in città ed ebbero rapida ragione dei gruppi fascisti e tedeschi che non avevano obbedito all’ordine di deporre le armi.

Noi oggi, però, vogliamo soprattutto ricordare e rivendicare il ruolo che il Partito d’Azione, - il partito di Parri, di La Malfa, di Riccardo Lombardi, di Emilio Lussu – ebbe in queste esemplari e memorabili vicende, opponendoci ad una riprovevole rimozione collettiva, a un buco di memoria che è stato e viene intenzionalmente alimentato da quanti, per opposti motivi e in tempi diversi, hanno avuto interesse ad accreditare il mito di una Resistenza soltanto ‘comunista’.

No: la Resistenza è stata – ed è ancora oggi - anche, se non soprattutto, Resistenza ‘azionista’! Una lotta per il riscatto nazionale e popolare fortemente voluta e realizzata da quelle forze dell’altra sinistra, laica e democratica, convinte che ogni uomo, per il solo fatto di essere al mondo e di essere parte di una società, è titolare di un insieme di diritti civili, economici e sociali intangibili, che nessun tiranno o despota presuntuoso, nessuna forza organizzata, nessuna cricca di potere può pensare mai di limitare o di negare.

Alla Resistenza e alla Liberazione gli uomini del Partito d’Azione hanno dato un contributo eccezionale di analisi e di elaborazione politica, di partecipazione alle azioni militari, di coraggio e di eroismo, per lo slancio con cui seppero battersi e affrontare le torture e la morte, di testimonianza (con i loro 4500 caduti), di chiarezza e fermezza nei principi direttivi.

Nessun altro partito assunse le posizioni nette che il Partito d’Azione ebbe la forza di sostenere contro la monarchia, corresponsabile con il fascismo della tragedia italiana, contro la compromissoria partecipazione al governo Badoglio e a favore della guerra di popolo e dell’insurrezione democratica.

Senza queste convincenti prove di intelligenza politica, di indipendenza e di dignità, così come senza l’intenso lavoro svolto presso i governi Alleati per dissociare le responsabilità dei fascisti dalla volontà degli italiani e per fornire garanzie contro l’ipotesi di una rivoluzione comunista, difficilmente l’Italia avrebbe trovato credito presso i vincitori e avrebbe potuto mantenere la propria unità territoriale, compiere la scelta per la Repubblica democratica e tornare ad essere arbitra del proprio destino.

Nessun altro partito fu, d’altra parte, così coraggiosamente radicale nel professare la necessità di una ‘rivoluzione democratica’, che avrebbe dovuto liberare il mondo del lavoro e dell’impresa autonoma dall’oppressione delle oligarchie economiche e i cittadini dal peso delle forze conservatrici o reazionarie, alle quali la Chiesa di Roma continua, ancora oggi, a fornire un paravento ideologico.

Non è certo colpa degli azionisti, se questo vecchiume, a poco a poco, è ritornato a galla e oggi, come una malattia cronica del nostro paese, riafferma il suo predominio sulla società italiana, minacciando, nel nome di una presunta modernizzazione, di voler liquidare un’eredità che è costata tanti sacrifici.

Milano, in questo 25 aprile, dovrebbe tornare con la mente a quei giorni di fervore e di passione per la libertà che la città visse dal 1943 al 1945 e ricordare insieme a noi figure come quelle del compagno Poldo Gasparotto, che con Antonio Zanotti, Mario Paggi, Mario Boneschi, Riccardo Lombardi (primo prefetto in Milano libera) fu un infaticabile dirigente della sezione milanese del Partito d’Azione e fu poi deportato e trucidato dai nazisti nel disperato tentativo di salvare altri prigionieri; o come Mario Damiani, esponente del movimento Giustizia e Libertà insieme ai due fratelli Alberto e Piero, morto nel lager nazista di Gusen.

A tanti altri nomi come questi, nomi di azionisti, più noti e meno noti, Milano dovrebbe rivolgere oggi un pensiero di gratitudine, consapevole di una tradizione che ci auguriamo non venga smarrita del tutto.

Perché, gli attuali traguardi, gli attuali livelli di benessere e di civiltà, per quanto ancora attraversati da intollerabili ingiustizie, che impediscono di rallegrarsene fino in fondo, sono certamente il risultato dell’etica del lavoro dei milanesi, ma anche della rivolta di quei giovani ‘pazzi’ o ‘sovversivi’ che si contrapposero alla megalomania di un uomo e a tutte le false ideologie che mascherano le ambizioni di potere di individui e di gruppi, ben sapendo- come scrisse Giorgio Agosti a Livio Bianco – di avere come alternativa presente quella di ‘lasciarci la pelle in combattimento’ o ‘di finire al muro o in un campo di concentramento in Germania’ e come, eventuale, alternativa futura quella di doversi difendere da nuove persecuzioni provenienti da destra o da sinistra.

Ma, dando per scontato tutto questo, seguirono la loro coscienza e il loro destino e non rinunciarono a combattere , in nome della libertà, una guerra sporca, come sono sporche tutte le guerre civili, destinata, però, non solo a scacciare gli invasori tedeschi e ad eliminare ‘i traditori’ fascisti, ma a gettare le basi per un nuovo ordine politico e sociale’: quello in cui le generazioni seguenti sono vissute e vivono, senza magari saperlo apprezzare negli stessi suoi aspetti positivi e senza impegnarsi, come bisognerebbe, per migliorarlo.

Per questo il Nuovo Partito d’Azione oggi ricorda ed onora tutti gli azionisti di un’epoca che sembra ormai remota, ma che è ancora ricca di ‘direttive per l’avvenire’, riaffermando il significato e il senso della Resistenza e il valore della guerra di Liberazione e condannando con fermezza chi oggi cerca in ogni modo di rimescolare le acque e di intorbidire, con il fango del proprio rancore e dei propri nascosti sensi di inferiorità e di colpa, uno dei rari momenti storici di cui l’Italia e gli italiani possono essere legittimamente orgogliosi
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